domenica 9 settembre 2007

La vittoria postuma di Aldo Moro nel Paritto Democratico.

Si procede verso la costituzione del nuovo Partito democratico attraverso quella che gli addetti ai lavori,cioè giornalisti e commentatori politici, definiscono una fusione a freddo. Infatti non si può certo dire che la base e i militanti dei Democratici di Sinistra e della Margherita-D.L. siano entusiasti della prospettiva di fondare questo nuovo partito. Perdipiù l'accelerazione nell' individuare il leader designato (il sindaco di Roma Valter Veltroni) ha creato non poco sconcerto negli apparati dei due partiti. Fin qui non si registra niente di nuovo. Era difficile aspettarsi dell'entusiasmo da parte di chi ha militato e fatto politica sotto le bandiere di due partiti così importanti e potenti ( specie sul piano del controllo degli enti locali e dello Stato in genere) nel mettere via il proprio bagaglio di simboli e idee. Ma il punto vero è proprio questo:quali idee? Nella sostanza si tratta della riproposizione di una parte del pensiero politico moroteo, cioè si passa dall'allenza tra sinistra già comunista con i cattolici democratici e progressisti all'unione tra queste due forze in un partito unico. In linea teorica non è certo una novità,visto che di incontro tra comunisti e cattolici si parla e si ragiona da almeno sessant'anni, da quando Togliatti decise di includere i Patti lateranensi e il Concordato Mussolini nella Costituzione repubblicana. Il mondo comunista ha sempre guardato con attenzione a quello cattolico e alla dottrina sociale della Chiesa. Basti dire del ruolo e dell'importanza che ebbe Franco Rodano su Enrico Berlinguer,segretario per anni del P.C.I. Perfino Aldo Moro pensava necessaria e indispensabile una stretta collaborazione tra cattolici democratici della DC e il PCI. Quel che cambia radicalmente è il contesto e la “geografia del potere” in cui avviene l'unione tra queste forze politiche. Trent'anni fa Moro ( e non solo lui per la verità....) era convinto che il comunismo avrebbe vinto la sfida con il capitalismo nel dominio sul mondo e pertanto, onde evitare il peggio in Italia ( da pronunciamientos militari alla guerra civile) preferiva coinvolgere direttamente i comunisti nella gestione del Governo,per difendere la democrazia e al medesimo tempo indebolire le posizioni di “lotta” del PCI. Oggi il contesto è nettamente mutato. Moro fu ucciso dalle Brigate rosse, l'Unione Sovietica si è dissolta e il PCI ha cambiato varie volte il nome. Oggi le potenze emergenti sono la Cina, retta da un regime comunista con un'economia di mercato in fortissima crescita, e l'India,la più grande democrazia del mondo con sistema economico del pari brillante. Incombono sull'Occidente i rischi del fondamentalismo islamico,mentre una grave crisi demografica sta svuotando l'Europa dei popoli che l'hanno abitata da secoli. In quindici anni il quadro partitico italiano è radicalmente mutato. Sono scomparsi i partiti che hanno fatto la Repubblica democratica, la Dc e il PSI in particolare, e il loro posto politico è stato preso da Berlusconi. Come può,quindi, una visione politica rifarsi a quelle di Moro e Berlinguer? Come può un partito che si definisce adeguato ai tempi eleggere suo leader in Campania un Ciriaco De Mita che di quella stagione politica fu esponente di spicco? Né la realtà economica e sociale italaina è rimasta anche solo lontanamente quella di vent'anni fa. Ma è il dato della classe dirigente del futuro Partito Democratico a sorprendere. Difatti ci si aspetterebbe che la maggior parte dei suoi quadri provenissero dall'ex PCI ma le cose non stanno affatto così. Pare invece che la prevalenza dei delegati, che saranno eletti o sono già stati eletti per l'Assemblea costituente, saranno ex-popolari(anche senza arrivare al trionfalismo del ministro della Pubblica Istruzione Fioroni che proclama di avere ben 800 delegati su 2400 totali,vale a dire un terzo del totale). Ciò è davvero impressionante, se si pensa che cos'era il PCI come macchina organizzativa,ma induce anche a riflettere sulle implicazione che ciò può comportare sull'area dell'elettorato moderato. Infatti è del tutto evidente che il Pd punta a occupare il centro della schieramento politico,ridimensionando le sue parti progressite e strappando consensi a quei partiti che sono adesso il centro del quadro politico,Udc e forse Forza Italia. Non per nulla l'ex ministro dell'Interno Pisanu, proveniente dalla Dc(dove ha svolto una brillante carriera politica) ha detto a Gubbio nei giorni scorsi che è assolutamnte necessario per Forza Italia strutturarsi come partito per presidiare saldamente l'area di centro del quadro politico. Non ci si può illudere che il Pd sia un'evoluzione con cambio di nome del fu Parito comunista, perchè quel che si va profilando è ben
altro. Si provi a pensare ai due concorrenti più forti di Veltroni, Enrico Letta e Rosy Bindi. Pur affermando cose opposte su vari temi ( dalle tasse ai diritti civili) provengono entrambi dalla fu Democrazia Crisitana e questo risponde,con ogni probabilità, a un ben preciso disegno strategico del Presidente del Senato Franco Marini, consistente nell'occupare la sinistra e il centro del Partito Democratico per influire su un leader già assai poco connotabile come di sinistra qual è Veltroni. Inoltre Veltroni sarà affiancato dall'ex popolare Franceschini come vice e otterrà il pieno appoggio del medesimo Marini,per il tramite dell'onnipresente Fioroni. E la sinistra del fu Correntone che fine farà? Che combineranno i Mussi,Cofferati,Angius etc.? Elaboreranno una specie di “cosa”rossa con Rifondazione Comunista e il Partito dei Comunisti italiani ( e magari pure i Verdi) che non sarà altro che il contenitore delle forze a sinsitra del Pd, grosso modo quel che era il Psiup per il PCI. Se non vorranno essere confinati in perpetuo all'opposizione dovranno scendere a patti ragionevoli( si può star certi assai pesanti da accettare per il massimalismo di sinistra) con il Pd,che comunque potrà sempre sostituirli con il nascituro terzo polo di centro,risultato della fusione sempre possibile tra Udc e Udeur. Insomma gli eredi del Pci, dentro o fuori del Partito democratico, si troveranno in posizione tutt'altro che dominante con l'area cattolica progressista , con un sostanziale rovesciamento di quanto paventava Aldo Moro trent'anni fa. Si può concludere che Moro ( vittima – è bene rammentarlo – dei cosiddetti all'epoca “compagni che sbagliano”,i brigatisti rossi) ottiene a distanza di tanti anni una sostanziale e clamorosa rivincita a danno dei suoi “alleati” di allora,cui pensava di dover lasciare il ruolo centrale nella vita politica italiana, dato che questi avevano egemonizzato,seguendo l'insegnamento di Antonio Gramsci, la società civile delle professioni e della cultura. Si potrebbe dire che chi di egemonia culturale ferisce ,alla fine perisce.

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