sabato 15 settembre 2007

Quanto ci mancano Oriana e le sue strigliate

Un anno fa, nella sua Firenze, moriva Oriana Fallaci. Alla fine l'alieno, come la Fallaci chiamava il cancro che l'aveva aggredita da anni, ebbe la meglio. Ma certo il suo animo era stato tutt'altro che ammansito da questa feroce malattia negli ultimi anni. Anzi proprio le vicende successive all'Undici settembre avevano dato alla Fallaci lo stimolo per dedicarsi a nuove e forti battaglie. L'Italia perse con la Fallaci una delle sue poche e vere coscienze critiche, uno dei suoi veri grilli parlanti. Sempre la Fallaci si era dedicata a battaglie coraggiose e solitarie, che di rado animano il nostro ceto giornalistico. Sin da quando ( erano gli anni cinquanta) curava una fortunata serie di interviste a vari personaggi della società, dell'economia e della cultura italiane del tempo per l'Europeo, glorioso, diretto da Tommaso Giglio, quando si distinse per aver definito come il personaggio dal più forte carattere Anna Magnani, celeberrima attrice. Poi si dedicò ad intervistare, sempre con uno stile incofondibile, perchè ,come scriveva lei, “ vi lascio brandelli d'anima nelle mie interviste”, i potenti della terra degli anni Settanta. Dallo Scià di Persia al Negus d'Etiopia, passando per Kissinger e il Generale Giap ( unica giornalista occidentale ad avere parlato de visu con quello che era l'eroe, per le generazione dell'epoca, della guerra di liberazione del Vietnam dall'invasore americano) tutti passarono sotto le forche caudine della nostra Oriana Fallaci, sempre incalzati nei loro punti deboli e nelle loro contraddizioni. Fa impressione rileggere il suo stile giornalistico nell'”Intervista con la Storia” che raccoglie appunto i suoi incontri con i vari potenti che segnarono un'epoca, specie se si paragona al registro paludato e supino dei giornalisti dei nostri tempi. La ragione della particolarità della Fallaci sta proprio nell'assoluta libertà di giudizio, che le sarebbe costato assai, specie in termini di popolarità in Italia e nell'intellighentja del Belpaese ( come notò il vegliardo Prezzolini, quando la conobbe all'inizio della sua professione negli Stati Uniti, dov'era andata a intervistare Christian Dior: il grande giornalista, fiorentino come lei, l'ammonì ”lei, come me, non avrà vita facile in Italia, perchè l'italiano è un popolo di servi e non sopporta che vi sia qualcuno di loro che dica quel che pensi”) perchè la Fallaci rispondeva sempre e solo alla propria coscienza, tanto che descrisse il “mitico” ( per la pubblica opinione del tempo)Vietnam del Nord “come il più brutale regime stalinista che le fosse capitato di vedere”. Questo le costò l'ostracismo della stampa liberal, allora come oggi imperante in Italia che non avrebbe mai perdonato alla Fallaci il fatto di scrivere per passione, non per vendere libri banali e scontati. La molla per scrivere libri battaglieri e anticonformisti, come “ Lettera a un bambino mai nato”o “Penelope va alla guerra” o il profetico romanzo “Insciallah” ,era la coscienza libera , lo spirito mai domo di lottare senza quartiere per le idee in cui si crede senza però , poi, trascurare di riconoscere l'errore se le proprie idee erano sbagliate. Infatti non mancò di riconoscere, anni dopo, gli errori di una generazione che aveva visto la guerra del Vietnam“con gli occhiali rossi”, distorcendo la realtà. Fu memorabile, al riguardo, un dibattito televisivo del 1991 ( uno dei pochissimi cui la nostra Fallaci abbia partecipato in tanti anni) su Rai Due con Tiziano Terzani, cui chi scrive ebbe la fortuna di partecipare direttamente come pubblico e poter così conoscere direttamente i diversi modi di fare giornalismo. Terzani , scomparso anche lui di recente , continuava a descrivere il Vietnam comunista come una “ grande parto della storia”, nonostante la caduta del Muro di Berlino e l'immenente disfacimento dell'URSS. Questo ci riporta all'oggi. Da una parte chi nega i rischi che l'Occidente, specie europeo, corre perdendo se stesso e il proprio modo di essere e vivere , affogandolo in un relativismo senza capo né coda. Dall'altro chi come Oriana Fallaci esortava a non vendere l'anima per un barile di petrolio, perchè l'anima dell'Occidente vale molto di più d'un barile di petrolio. Ci manchi Oriana, ci mancano le tue sane strigliate, ma certo la tua lezione non sarà dimenticata, perchè è la lezione della Libertà.

2 commenti:

Old Whig ha detto...

Oriana ha svegliato molti di noi. Per chi non si è svegliato con lei, non c'è speranza che si svegli con nessun altro!

Tolomeo da Lucca ha detto...

E' vero,però noi dobbiamo continuare a combattere e magari anche a illuderci che possano cambiare idea. Come ci disse nel 1991 nella trsmissione dove si era ospiti della serie "il coraggio di vivere", dobbiamo fare come lo Stilita,che indica la via anche a chi non ne vuole sapere di andare in quella corretta direzione.